Pianta perenne e legnosa dal portamento cespuglioso, con fusto lungo e monopodiale. Le foglie sono opposte, ovali con margini sinuosi. I fiori sono bianchi, raggruppati in infiorescenze. I frutti sono tondeggianti di colore rosso o violaceo.
Coffea arabica è famosa per la derivazione del caffè, una delle bevande di maggiore consumo in Occidente. Nei semi della pianta sono contenuti numerosi alcaloidi purinici (caffeina, teofillina e teobromina) che ne determinano il noto effetto psicostimolante, mentre gli oli volatili e i tannini conferiscono al caffè l’odore e l’aroma che lo caratterizzano. In particolar modo, la caffeina, presente in elevata concentrazione nella pianta è utilizzata in preparati non solo come agente psicostimolante per migliorare la vigilanza e l’allerta, ma anche come antiasmatico per l’azione broncodilatatrice, come diuretico, analgesico e agente lipotropico.
Le prime testimonianze archeologiche della coltivazione della pianta del caffè risalgono al 575 d.C. nello Yemen, sebbene si tenda a considerare l’Etiopia come luogo di origine della sua coltivazione. Nel 900 d.C. all’incirca, la pianta si diffuse in Arabia, dove se ne scoprirono gli effetti stimolanti. Tra le diverse leggende, si narra che fu Kaldi, un pastore arabo, a scoprire le proprietà della pianta, dopo aver notato i comportamenti anomali ed eccitati delle sue bestie attorno ad una misteriosa pianta dai frutti rossastri. Successivamente, tra il XVI e il XVII secolo la pianta fu conosciuta in tutto il resto del mondo, con l’apertura della prima “caffetteria” a Costantinopoli, nel 1554.
Effetti tossicologici: in eccesso determina parametri respiratori alterati, insonnia, mal di testa, tachicardia, disturbi gastrointestinali, nervosismo, aritmia e nausea.
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